Il 9 Marzo

Binari dispari, senza senso, eppure…

Il nove marzo ho deciso che è la giornata delle altre donne.

Quelle che non sono ricercatrici, premi Nobel, astrofisiche, astronaute, stelline o astri nel firmamento delle celebrità, che l’otto marzo son sulla bocca di tutti. Facile così… Il nove marzo è la mia giornata in cui ricordare e ringraziare le donne amiche per sempre, le casalinghe per loro scelta, le isteriche madri premurose, le cui urla sono indelebili dalla memoria di una generazione, quanto la dolcezza per quella successiva. Quelle che avvocato, ingegnere, giudice, ragioniere, commercialista, impiegato, quadro, dirigente, mètre, tassista, conducente, dottore, imprenditore, giornalista, assistente, responsabile, CEO e falegname è ciò che fanno e non ciò che sono.Donne madri di cani e gatti. Donne single che giocano a tennis. Donne con le sottane e ciabatte. Donne semplicemente vive, pronte a lasciare il mondo per amore di un uomo, e a restarci per amore di un bimbo. Anche se non è il loro.Donne d’amore, quasi sempre, ma che va bene uguale, anche stronze.Le cattive… No. Mai. Nessun lo sia mai.Lasciamo che scelgano chi essere. Non dimentichiamo chi sono per diritto.

GORA di Miriam Maria Santucci

Leggi un libro. Mettiti in ascolto

Gora è una bambina con due occhi grandi e attenti, con i quali fotografa il suo mondo tutto, luci odori e suoni compresi, in un cuore sensibile da poetessa. Nel suo scrigno segreto mette la sua famiglia, i suoi trasferimenti, il suo cane e la sua insegnante, collocandoli in uno spazio preciso, immerso in un tempo scandito da eventi tristi, ma così veri. È l’Italia del dopoguerra, distrutta ma in ricostruzione. Piegata dalla povertà, ma pronta a rialzarsi, per trovare una nuova propria identità e forgiare il proprio futuro. Come del resto fa Gora stessa.

Gora ha tre doni: sa guardare, sa ricordare e narrare. Con il primo cattura i dettagli della sua infanzia. Col in secondo li ha portati fino a oggi. Con la sua capacità di narrare, infine, ci permette di viaggiare nel tempo, anzi in un’altra dimensione.

Talento precoce della Poesia Italia, l’autrice forse paga il lungo vagar per il mondo per assecondare le necessità della vita. In questo libro ripercorre le sue origini famigliari e letterarie. Il ricordo della sua vita narrato come un romanzo a episodi, quelli più significativi per ogni anno tra il ’44 e il ’56 , lascia infine lo spazio a una stanza più intima e diretta col lettore. Una sorta di riflessione sul senso di un tale viaggio, più che un lascito, una domanda.

Personalmente ho amato questo libro, GORA, e il mondo doloroso e fatalista di quegli anni. Un viaggio che ho sfiorato, ma che non per questo sento lontano. Grazie Miriam.

“Gora si soffermava a lungo sopra quel tetto, a pensare e a riflettere: osservava le lucine delle sontuose cappelle e quelle delle semplici lapidi, che nel buio si confondevano con le luci della vicina città. Cosicché, di notte, non si distinguevano più le tombe dei ricchi da quelle dei poveri, né le luci dei vivi da quelle dei morti!”

Il libro è disponibile su Amazon libri:
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“Il fabbricante di suoni” di Alessandro Ricci

Leggi un libro. Mettiti in ascolto

«Buongiorno De Cesari, vediamo che libri ha portato oggi. Vedo tutti autori emergenti, eh? Bravo, bravo. Allora mi parli de “il fabbricante di suoni” di Alessandro Ricci»

Mi scusi prof, mi chiamo “Di Cesare”.
In che senso emergenti? Chi le ha dato questa lista? Era una cosa privata, uno avrà pure diritto a delle perversioni, no?

Mi faccia vedere … Ricci, Ricci, quello della favola? Ha beccato la favola? La favola!
Cosa c’è da dire su una favola?

Una favola è una favola! Breve vicenda, narrata in versi o in prosa, i cui protagonisti possono essere persone, animali o cose, e il cui fine è di far comprendere in modo facile una verità morale.

«De Cesaris, chiuda wikipedia, e mi parli di questo libro subito. O glie la faccio passare io la voglia di fare il trasgressivo»

Sarei sempre Di Cesare! Come l’imperatore.
Se dico che è un racconto fantastico per giovani uomini, va meglio? Anzi, vuole la verità? All’inizio, lo confesso, mi dicevo di lasciar perdere. Ho pensato più volte “ma cosa mi è saltato in testa di leggere una storia per bambini!”.
Con tutti i miei problemi, il covid, la pancia che chiama il lievito “mamma”, l’ultima cosa di cui avevo bisogno era un autore che, pagina dopo pagina, costruisce un mondo immaginario, ma non esagerato, piuttosto fuori fase oserei dire.

E cosa dire quando ho scoperto che la storia era incentrata sulla prima grande avventura di un ragazzino.

Ovvio che volessi chiuderla li.

«Senta Cesare, guardi che se ha lasciato perdere, finisce nei guai!»

Sarebbe “Di” Cesare, e no, non ho affatto lasciato perdere, però la sensazione era strana.
Un volta entrati nel nuovo mondo, quando la storia è entrata nel vivo, il viaggio non è stato più solo tra foreste condite con personaggi più o meno “coloriti” o “rumorosi”, ma si è messo a navigare sul confine tra disabilità e diversità, all’interno un universo imaginifico ricco e stimolante.
E il viaggio ha iniziato a richiedere una certa partecipazione.

Partecipazione … forse è stato questo il vero problema.

«Bene Giulio, adesso ci lamentiamo dei libri che richiedono partecipazione?»

È lei che mi ha chiesto cosa ne pensavo!
Si rende conto di cosa significa far affrontare una storia di fantasia all’adulto che sono, invece che al fanciullo che ero? Il problema è stato partecipare senza quella semplicità ed ingenuità che mi permetteva di andare oltre l’assurdo, il diverso, cogliendo la veritá. Abituato a razionalizzare tutto ciò che mi circonda per non perdere un’apparente sanità mentale, ovvio che ho trovato difficile calarmi nuovamente nel mondo del fanciullo.

«Di Coso, ma scherza? Se ha problemi con la sospensione dell’incredulità la vedo male a continuare questo corso in supercàzzola»

Guardi che non ho problemi con la sospensione dell’incredulità. Ad esempio amo star wars, o i film marvel, o mission impossible. Anche se non sono proprio favole: in fondo sono solo una trasposizione per esorcizzare gli orrori della vita reale.

Ora che ci penso Anche i film della Disney/Pixar come Cars, Toystory, Nemo, Rapunzel, sebbene siano delle belle favole, vengono “dopati” con riferimenti verbali o immaginifici che appartengono al mondo adulto, così da renderle più digeribili.

«Di Cenere, ha veramente tirato in ballo star wars, Marvel e pixar per parlare di un libro di favole? Mi sa che è alla frutta»

Scusi, pensavo a voce alta, erano solo esempi. Il punto è che con i libri è tutto più complicato. Il libro richiede uno sforzo di immedesimazione, di interiorizzazione, di ricostruzione della scena, della vicenda nel proprio spazio immaginario, guidati solo dalla mera parola di uno sconosciuto.

E in quale spazio la colloco una favola? Che fatica trovare uno spiraglio in questo cuore deturpato, indurito dalle tante cicatrici, annebbiato dai farmaci, distratto dal sesso. Che fatica abbassare le difese intellettuali, fare breccia nella razionalitá e ritrovare lo spazio per l’immaginazione, e parole e sentimenti semplici, spontanei, veri.

Sono meravigliato dal mondo che l’autore ha creato e dall’efficacia di un linguaggio semplice, costringendomi a ritrovare un po’ della semplicità e della spontaneitá perduta nel giorno in cui ho smesso di leggere topolino.
Anzi, perché ho smesso di leggere Topolino? Forse la costante necessità di razionalizzare tutto mi faceva percepire la semplicità come superficialità?

Questo libro è tutt’altro che superficiale. L’autore mi ha confessato che non ha mai smesso di leggere topolino, di fantasticare, di essere un eterno fanciullo. Ignoro quali siano gli effetti dell’essere un Peter Pan sulla sua vita quotidiana, ma sono evidenti quando si tratta di regarlarci storie senza tempo.

A me è piaciuto tantissimo.

«Bene Di Qualcosa, e con questo commento finale si è giocato l’esame. Direi che ci vediamo alla prossima sessione»

Ma no prof!!

La vita sessuale delle gemelle siamesi di Irvine Welsh

Leggi un libro. Mettiti in ascolto.

Un altro libro è finito. Un altro viaggio tra emozioni e riflessioni su questo treno oramai solo virtuale.

Non ricordo come sono arrivato a questo libro. In questo periodo di lockdown ho perso i miei punti di riferimento, e tutto è andato all’aria. Liste, propositi, angoli di lettura. Non che mi lamenti de “La vita sessuale delle gemelle siamesi” di Irvine Welsh. Tutt’altro. È stata una piacevole scoperta. Non quel che si dice una lettura rilassante, ma mi ha fatto riflettere sul mondo delle dipendenze psicologiche e non, come non mi era mai capitato prima. Per esempio, mi vanto spesso di essere riuscito a smettere di fumare definitivamente a luglio del 2009. Eppure non riesco neppure a moderarmi nel consumo, spesso smodato e disordinato, di cibo.
Probabilmente l’origine delle due dipendenze è diversa. Presumo che quella del (mio) fumo fosse superficiale. Il cibo, invece, nasce da altro che non so, o non voglio, identificare. Il romanzo di welsh va ben oltre queste semplici riflessioni e prova a rappresentare un balletto più complesso.

Tutto parte da due gemelle siamesi, nate e cresciute unite dal torso in giù, rimangono comunque due individui distinti. Crescono in simbiosi fisica e psicologica, ma – crescendo – arrivano al momento del confronto con necessità e convinzioni individuali contrastanti. Ci si aspetta che siano bravissime nell’arte del compromesso. Ma se il problema fosse più profondo, esistenziale? se, ad esempio, toccasse la sfera sessuale? Se una volesse restare vergine, mentre l’altra volesse esplorare la sessualità ? Come raggiungere un compromesso senza cadere nella violenza, nell’abuso verso l’una o verso l’altra? Dove finisce il diritto di autodeterminazione, di essere liberi, e quello del rispetto degli altri. Mi viene da pensare che mai come in questo periodo di COVID, questo tema sia attuale.

Il libro, però, non è un saggio sulle gemelle siamesi dell’arkansas. La vicenda delle gemelle è solo uno spot introdotto nella narrazione, per sottolineare momenti particolari, ed introdurre riflessioni sugli equilibri tra le persone, sui compromessi e sugli abusi subiti o inflitti consapevolmente o meno.

Il libro, invece, parla di due donne: Lena e Lucy, un’artista e una personal trainer, che insieme ad altri comprimari ci parlano di autostima, dipendenza, sorprusi, manipolazione, dei rapporti funzionali e disfunzionali, autonomi e dipendenti, individualisti e complementari. Più che di persone, di personalità. Forse di maschere. O meglio: di cappotti.

Mentre leggevo continuavano a girarmi per la testa un po’ di domande.
Mostriamo ciò che facciamo? Facciamo ciò che siamo? Siamo quello che facciamo? Sappiamo cosa siamo? E sappiamo perché lo facciamoUno spot introdotto nella narrazione risposte sul lettino dell’analista. Oppure si può scoprire la verità su noi stessi affrontando situazioni estreme?

E di storie etreme, paradossali forse anche grottesche, il libro ne è pieno.

Il libro è narrato in prima persona dalle due protagoniste. Ognuna racconta la propria storia. Alcuni racconti narrano la stessa situazione dai due punti di vista. Gli altri esplorano aspetti indipendenti delle protagoniste. Non si può comprendere la storia senza leggere le due versioni, e non si possono comprendere le versioni senza conoscere le storie individuale delle protagoniste.

Il risultato è sorprendente: Tutti i personaggi sono ben definiti, con una loro identità precisa, al punto da vederli li davanti a noi.

Il linguaggio è quello tipico di welsh (trainspotting). Una forte impronta umoristica permea anche le situazioni più drammatiche. Un po’ di parolacce, e si, troverete anche un po’ di sesso, ma niente di che. Se siete suscettibili alle questioni di peso corporeo, potreste trovare fastidiose (o stimolanti ?) alcune parti, che sono comunque funzionali al messaggio del libro.

Il balletto delle due protagoniste mi ha coinvolto. Ad un certo punto ho pensato fosse una boiata, ma alla fine tutto acquisce un suo perché. Un romanzo scritto bene, con un grande ritmo, e belle riflessioni. a volte un po’ troppo buonista per i miei gusti, ma altrettanto tagliente in molte altre circostanze.

A me è piaciuto.

Leggere

Binari dispari, senza senso, eppure…

Noam Chomsky disse: “Leggere un libro non significa solo sfogliare le pagine. Significa riflettere, individuare le parti su cui tornare, interrogarsi su come inserirle in un contesto più ampio, sviluppare le idee. Non serve a niente leggere un libro se ci si limita a far scorrere le parole davanti agli occhi dimenticandosene dopo dieci minuti. Leggere un libro è un esercizio intellettuale, che stimola il pensiero, le domande, l’immaginazione.”

Io sono più terra terra, non so controllare la forma della parola (l’ho imparata 5 minuti fa sta cosa della forma), sono un po’ depresso, soffro di palesi crisi ossessive compulsive, so cosa significa comprare decine di libri alla volta che resteranno ferme sugli scaffali per anni, so cosa significa amare qualcosa e poi esserne disgustato, so cosa significa stare alzati fino a tarda notte ogni notte alla ricerca di qualcosa che non c’è, so cosa significa leggere due libri la settimana e poi stare senza leggere per anni.

la dico in un altro modo.

Un libro è come un cibo prelibato ad un costo irrisorio. L’alta accessibilità forse ci spinge ad un consumo spasmodico ingordo compulsivo del piatto, e poi di un altro e poi ancora. Dopo un po’ non ci importerá neppure più della qualità del piatto. Ne vogliamo solo di più, piú velocemente. Lo vogliamo più economico, più accessibile. E così diventiamo obesi.
Ecco, diventiamo obesi di libri, mai sazi, ma vuoti, senza saper discernere ne apprezzare, senza vero nutrimento. Se il corpo resta senza vero nutrimento ne chiederà ancora, ad un certo punto il nostro cuore, invece, dirà basta.

“Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli

Leggi un libro. Mettiti in ascolto. Scrivi ciò che ti rimane

la copertina

Il libro di Missiroli racconta di Libero e di come ha affrontato la vita dai 13 anni fino all’età adulta. La storia è densa di eventi, di dettagli, di emozioni e vola via liscio e in modo avvincente. Troppo veloce per i miei gusti, perché mi sono scoperto piú intento a raggiungere la meta che a godermi il viaggio. O forse semplicemente ho paura di ammettere che mi ha preso.
Mi ha coinvolto perchè parla di crescita, di inquietudine, di amore, dei molti amori diversi che convivono dentro noi. Perché parla di parigi, che conosco solo dai libri di Hemingway e Simenon, e di Milano, mia città di adozione. Perché parla di Mario. E di anna. E parla dei libri guida, o dei libri come guida. Ma soprattutto perché parla di Marie. E penso che ogni uomo dovrebbe avere la sua Marie.

I libri della formazione letteraria del protagonista sono veramente tanti. Ecco la lista.

Il visconte dimezzato – Italo Calvino
Orgoglio e pregiudizio – Jane Austin
Lo straniero – Albert Camus
Il deserto dei tartari – Dino Buzzati
Un amore – Dino Buzzati
Lolita – Nabokov
Per chi suona la campana – Ernest Hemingway
La città e i cani – Vargas Llosa
Il giovane holden – Salinger
Tropico del cancro – henry miller
Tropico del capricorno – Henry Miller
Il filo del rasoio – Somerset Maugham
Fontamara – Ignazio silone
Il buio Oltre la siepe – Harper Lee
Favole al telefono – Rodari
1984 – George Orwell
Il commesso – Malamud
L’amante – Marguerite Duras
Albertine scomparsa – Proust
Lettera al mio giudisce – Simenon
La vie aigre – Luciano Bianciardi
Il vecchio e il mare – Ernest Hemingway
Mentre morivo – Faulkner
L’insostenibile leggerezza dell’essere – Kundera
Diario di anna frank – Anna frank
Addio alle armi – Ernest Hemingway
Un amore – Dino Buzzati
Le mille luci di New York – Jay McInerney
Balla coi lupi – Michael Blake
Pinocchio – Collodi
I ragazzi della via pal – Ferenc Molnár
Meccanica popolare (o Meccanica per tutti. Dal libro Di cosa parliamo quando parliamo d’amore) – Raymond Carver